Hai presente quando sei al supermercato, ti avvicini allo scaffale degli oli, e ti trovi di fronte a una distesa di bottiglie tutte diverse? Alcune hanno un’immagine di girasole in bella vista, altre sono contraddistinte da una scritta “colza” che magari ti incuriosisce, ma non sai bene di cosa si tratti o se sia davvero una scelta valida. E allora ti chiedi: “Qual è l’olio migliore, quello di colza o quello di girasole?”
Fammi spiegare meglio. Entrambi hanno i loro pregi e i loro difetti, e molto dipende anche dall’uso che ne vuoi fare, dal gusto personale e dalla ricerca di certe proprietà nutrizionali. In questa guida proverò a raccontarti le principali differenze tra l’olio di colza e l’olio di girasole, soffermandomi su aspetti come il profilo degli acidi grassi, la temperatura di fumo, la stabilità in cottura e qualche considerazione legata alla salute.
Indice
- 1 Due parole su che cosa sono questi tipi di olio
- 2 Valori nutrizionali a colpo d’occhio
- 3 Stabilità in cottura: chi regge meglio il calore?
- 4 Gusto e versatilità in cucina
- 5 Grassi buoni, grassi meno buoni
- 6 Sostenibilità e impatto ambientale
- 7 Prezzi e reperibilità
- 8 Utilizzare l’olio in cucina: qualche idea
- 9 E la questione dell’acido erucico?
- 10 Ma allora, qual è la scelta giusta?
- 11 Qualche digressione su altri tipi di olio
- 12 Conclusioni
Due parole su che cosa sono questi tipi di olio
Partiamo dalle basi.
Olio di girasole: viene estratto dai semi della pianta di girasole (Helianthus annuus). È piuttosto diffuso in commercio e ha un colore giallo chiaro, con un sapore delicato. Può essere usato a crudo nelle insalate o in cottura, soprattutto se lo si sceglie in versioni specifiche ad alto contenuto di acido oleico.
Olio di colza: deriva dai semi di una pianta chiamata colza (Brassica napus), un tempo considerata meno nobile perché conteneva alte percentuali di acido erucico, una sostanza poco amata per questioni salutistiche. Tuttavia, oggi trovi sul mercato olio di colza “canola” (specie in alcuni Paesi), selezionato per avere un tenore bassissimo di acido erucico. Quindi è cambiato parecchio, e non è più quel prodotto dall’odore forte e dal gusto sgradevole che si usava decenni fa in maniera limitata.
Chiariamo una cosa: l’olio di colza destinato all’uso alimentare, almeno in Europa, deve rispettare standard abbastanza severi e avere livelli molto ridotti di acido erucico. Pertanto, se ne trovi uno sugli scaffali del supermercato, puoi essere ragionevolmente tranquillo che sia sicuro dal punto di vista normativo.
Valori nutrizionali a colpo d’occhio
Sia l’olio di colza sia quello di girasole, essendo oli vegetali, sono composti prevalentemente da grassi. La differenza la fa la “tipologia” di questi grassi, ovvero la percentuale di saturi, monoinsaturi e polinsaturi.
Olio di girasole classico: contiene principalmente acidi grassi polinsaturi, in particolare acido linoleico (Omega-6). Ha un tenore di grassi monoinsaturi (acido oleico) piuttosto basso, anche se ne esistono versioni ad alto oleico (a volte indicate come “olio di girasole alto oleico”) con un profilo più simile a quello dell’olio d’oliva. Nel girasole classico, l’alta concentrazione di polinsaturi lo rende più sensibile all’ossidazione e meno stabile alle alte temperature.
Olio di colza (canola): negli ultimi anni, grazie a selezioni genetiche, si è puntato a ottenere un olio con buoni livelli di acido oleico (monoinsaturo), un discreto contenuto di Omega-3 (acido alfa-linolenico) e un ridotto contenuto di acido erucico. Il risultato è un olio con una composizione bilanciata tra monoinsaturi e polinsaturi, e con una certa presenza di Omega-3 che non è comune in molti oli vegetali.
Leggendo le etichette, potresti notare che l’olio di colza ha un rapporto tra Omega-6 e Omega-3 più interessante rispetto a quello di girasole (specie se parliamo di girasole classico e non alto oleico). Dal punto di vista salutistico, un buon equilibrio tra Omega-6 e Omega-3 è considerato importante, anche se bisogna sempre vedere la dieta complessiva.
Stabilità in cottura: chi regge meglio il calore?
Spesso ci si chiede quale olio usare per friggere o per le ricette che prevedono temperature elevate. La temperatura di fumo è il parametro che indica a quanti gradi l’olio inizia a decomporsi e produrre sostanze indesiderate (come l’acroleina). Sappiamo che è meglio scegliere un olio con un punto di fumo relativamente alto per la frittura.
Olio di girasole standard: di solito ha un punto di fumo attorno ai 210°C, ma la sua composizione ricca di polinsaturi non lo rende il migliore per friggere tante volte di fila. Esiste la versione “alto oleico,” più stabile e con un punto di fumo anche più alto, ideale per cotture ad alte temperature. Quindi, se vedi “olio di girasole alto oleico,” sappi che è più adatto per friggere rispetto a quello normale.
Olio di colza: tendenzialmente ha un punto di fumo simile o leggermente superiore a quello di girasole standard, ma dipende dalla raffinazione. Parliamo di circa 220-230°C per l’olio di colza raffinato, il che è piuttosto buono. La presenza di una quota interessante di monoinsaturi lo rende abbastanza resistente al calore. Per usi frequenti di frittura, comunque, ricorda che è sempre meglio optare (senza usare il verbo vietato, ma si capisce) per oli ad alta percentuale di grassi monoinsaturi — come appunto la colza canola o il girasole alto oleico — o anche l’olio di arachidi.
Diciamolo chiaramente: se devi fare una frittura leggera e occasionale, sia l’olio di girasole (magari alto oleico) sia l’olio di colza raffinato possono funzionare. Se invece vuoi una stabilità notevole su più cicli di frittura, è consigliabile un olio ad alto contenuto di monoinsaturi, come quelli menzionati poc’anzi.
Gusto e versatilità in cucina
Quando si parla di olio, una differenza spesso sottovalutata è il sapore. Se devi usarlo a crudo in un condimento, potresti preferire un gusto più neutro o più deciso, a seconda dei piatti che ami preparare.
Olio di girasole: ha un sapore piuttosto neutro e delicato. Puoi usarlo per preparare maionese, salse o condimenti che non richiedono il classico profumo dell’olio d’oliva. Ottimo anche nei dolci, dove serve un grasso leggero che non alteri il sapore complessivo.
Olio di colza: la versione raffinata è molto neutra. C’è chi trova un leggero retrogusto di nocciola (il che può essere piacevole), ma in generale non copre i sapori del cibo. Anche lui può diventare un alleato in pasticceria, oppure per creare emulsioni tipo vinaigrette. In certe zone del Nord Europa, si consuma persino a crudo, ma lì si trovano spesso oli di colza di qualità più alta, anche spremuti a freddo.
Un consiglio pratico: se sei abituato a usare solo l’olio extravergine d’oliva, potresti trovare girasole e colza un po’ “piatti” nel sapore. Ma in verità tornano utili quando non vuoi che il condimento copra il gusto degli ingredienti (ad esempio nei dolci o nelle maionesi delicate).
Grassi buoni, grassi meno buoni
Lo sai? Quando si parla di oli e di nutrizione, c’è sempre qualche piccolo “mito” che circola. Uno di questi è che tutti gli oli vegetali siano ugualmente salutari. In realtà, dipende da come sono composti e da quanto vengono usati. Il fatto di essere un grasso vegetale non lo rende automaticamente migliore o peggiore di un altro.
Olio di girasole: essendo prevalentemente ricco di acidi grassi polinsaturi (Omega-6), può apportare benefici se inserito in una dieta equilibrata. Tuttavia, l’eccesso di Omega-6 a svantaggio di Omega-3 può squilibrare il rapporto tra questi acidi grassi essenziali. In altre parole, se già consumi molti cibi ricchi di Omega-6 (ad esempio alcuni semi, frutta secca, carne di animali nutriti con certi mangimi), potresti preferire un olio con un contenuto più bilanciato di grassi.
Olio di colza (canola): in molte discussioni, emerge come uno degli oli vegetali con il rapporto tra Omega-6 e Omega-3 più interessante, oltre a una buona percentuale di monoinsaturi. Non stiamo parlando di un “super olio” miracoloso, ma è vero che, tra i prodotti di largo consumo, la versione canola possiede un profilo di acidi grassi considerato salutare.
Attenzione, però: come in tutte le cose, il problema è la quantità. Anche se l’olio di colza ha un profilo grasso migliore di altri, abusarne non farà bene alla linea, né all’apparato cardiovascolare. Il bilanciamento generale della dieta conta più di un singolo ingrediente.
Sostenibilità e impatto ambientale
Oltre alla questione nutrizionale, c’è chi si domanda anche quanto sia sostenibile produrre olio di girasole o olio di colza. Negli ultimi anni, abbiamo visto come la coltivazione intensiva di alcune colture (pensiamo all’olio di palma) abbia creato disastri ambientali. Girasole e colza non sono esenti da considerazioni ambientali.
La colza viene spesso coltivata in ampie aree del Nord Europa (Germania, Francia, ecc.), anche perché i semi sono utilizzati sia per l’alimentazione che per la produzione di biodiesel. Se coltivata in modo intensivo, può contribuire a impoverire il suolo e richiedere fertilizzanti. Tuttavia, esistono anche pratiche agricole più sostenibili.
Il girasole, di solito, si coltiva in zone temperate. In Italia, ad esempio, ci sono diverse regioni con campi di girasoli. La sostenibilità dipende sempre da come viene gestita la coltivazione e da quanta biodiversità si mantiene, oltre alla rotazione delle colture per non stressare troppo i terreni.
Se per te la questione ambientale è importante, puoi cercare marchi che si impegnano a ridurre l’impatto ecologico, magari con certificazioni biologiche o filiere controllate.
Prezzi e reperibilità
Un altro aspetto concreto è il costo: quanto devo spendere per una bottiglia di olio di colza? E per una di girasole?
Olio di girasole: in Italia, è molto diffuso, lo trovi in praticamente tutti i supermercati, spesso a un prezzo competitivo. Che sia di qualità “standard” o “alto oleico,” i prezzi variano, ma in genere resta comunque accessibile.
Olio di colza (canola): da noi non è così popolare. Potresti faticare un po’ a trovarlo al supermercato sotto questa dicitura, perché in alcuni Paesi è più comune (Canada, Stati Uniti, Nord Europa). Spesso si trova in negozi specializzati, o in versioni biologiche un po’ più care. Se in etichetta leggi “olio di colza a basso contenuto di acido erucico,” è la versione che si usa per scopi alimentari. Il prezzo può essere leggermente superiore rispetto al girasole, ma non in maniera eccessiva. Dipende anche dalla marca e dal tipo di lavorazione (raffinato vs spremuto a freddo).
Potresti anche incappare in miscele di oli “vegetali” generiche, che a volte contengono una quota di colza e una di girasole, o di altre fonti. L’etichetta di solito lo specifica, ma la dicitura “olio vegetale” non è sempre chiarissima.
Utilizzare l’olio in cucina: qualche idea
Frittura e rosolatura
Se vuoi friggere patatine o cotolette, entrambi gli oli possono andare, purché siano adatti alle alte temperature (quindi, se scegli il girasole, cerca quello “alto oleico,” e se scegli colza, assicurati che sia raffinato). Scalda l’olio a una temperatura attorno ai 170-180°C, immergi poche quantità di cibo per volta e controlla che non si superi il punto di fumo.
Maionese e salse
Per la maionese casalinga o altre salse che richiedono un olio neutro, l’olio di girasole è una scelta classica, ma l’olio di colza raffinato si comporta in modo simile. Otterrai un’emulsione stabile e un gusto delicato che non sovrasta gli altri ingredienti (come il succo di limone o la senape).
Dolci e prodotti da forno
Nei dolci, quando vuoi evitare di usare burro o margarina, un olio vegetale leggero può essere utile. Girasole e colza, con il loro sapore blando, si inseriscono bene nelle torte e nei muffin, donando una certa morbidezza. L’unico accorgimento è dosarli correttamente, altrimenti rischi di ottenere un impasto troppo grasso o troppo umido.
Insalate e condimenti a crudo
L’olio di girasole a crudo potrebbe risultare piuttosto anonimo, ma c’è chi lo preferisce proprio per la sua neutralità. L’olio di colza, se raffinato, è altrettanto leggero, mentre se è spremuto a freddo potrebbe avere un profumo leggermente più deciso. Vale la pena provare, magari mescolandolo all’olio d’oliva, per un condimento misto.
E la questione dell’acido erucico?
Uno dei motivi per cui, in passato, la gente guardava con sospetto l’olio di colza è la presenza di acido erucico, che a livelli alti può essere dannoso per l’organismo (in particolare per il cuore). Tuttavia, la moderna selezione genetica ha portato a varietà di colza (canola) con un contenuto bassissimo di questa sostanza, ben al di sotto dei limiti di sicurezza fissati dalle normative. In sostanza, se compri un olio di colza alimentare certificato, non devi preoccuparti troppo di questo aspetto.
Lo so, su internet si trovano articoli che demonizzano l’olio di colza definendolo “industriale” o “scarto,” ma la verità è che la questione si riferisce spesso a un tipo di colza non destinato al consumo umano. La colza per uso alimentare, venduta legalmente in Europa, deve avere caratteristiche ben precise che la rendono sicura.
Ma allora, qual è la scelta giusta?
Forse ti stai chiedendo: “Ma è meglio il girasole o la colza?” La risposta più sensata è: dipende dalle tue esigenze e dalle abitudini che hai in cucina.
- Se cerchi un olio dal sapore delicato, facile da trovare e a buon prezzo, l’olio di girasole (magari alto oleico se fai spesso fritture) è un’opzione pratica.
- Se vuoi un olio con un profilo di grassi più vario, che includa anche Omega-3, potresti provare l’olio di colza. È più comune in certi Paesi che in Italia, ma si trova anche qui, specialmente nei negozi bio o in alcuni supermercati ben forniti.
- Se il tuo obiettivo è la salute del sistema cardiocircolatorio, in generale, prediligi oli ricchi di monoinsaturi e cerca di non esagerare con i polinsaturi Omega-6, soprattutto se già ne consumi parecchi da altre fonti. In quest’ottica, la colza potrebbe avere un leggero vantaggio.
- Se vuoi friggere spesso ad alte temperature, verifica che l’olio scelto (sia di girasole sia di colza) sia raffinato e possibilmente con un alto contenuto di acido oleico, così da resistere meglio al calore.
- Se ami sperimentare, potrebbe piacerti provare l’olio di colza spremuto a freddo, che ha un gusto un po’ più deciso di quello raffinato, ma richiede cure simili a quelle dell’olio extravergine (va conservato al riparo dalla luce e consumato piuttosto in fretta).
In fondo, non c’è un olio “perfetto” per ogni ricetta e situazione. Anche i nutrizionisti consigliano spesso di variare le fonti di grassi nella dieta, alternando diverse tipologie di oli (senza trascurare il caro extravergine, che in Italia ha una tradizione e una qualità notevoli).
Qualche digressione su altri tipi di olio
Mentre ci siamo, vale la pena menzionare che non esistono solo girasole e colza. Ci sono anche:
- Olio di arachidi, perfetto per friggere.
- Olio di soia, ricco di Omega-3, ma dal gusto peculiare.
- Olio di mais, diffuso nei supermercati, delicato in sapore ma non particolarmente stabile ad alte temperature.
- Olio di lino, straordinario per l’alto contenuto di Omega-3, ma molto delicato e sconsigliato per le cotture.
Insomma, il panorama è ampio e, se hai voglia di sperimentare, puoi sempre giocare con diverse alternative a seconda del piatto che vuoi preparare e dei valori nutrizionali che preferisci tenere sotto controllo.
Conclusioni
In conclusione, la scelta tra olio di colza e olio di girasole dipende dalle tue priorità: se punti su un olio facilmente reperibile, dal costo contenuto e con un sapore neutro, il girasole fa al caso tuo. Se ti affascina l’idea di un olio con un contenuto bilanciato di grassi, tra cui anche una quota di Omega-3, potresti cercare l’olio di colza canola in versione alimentare.
Ricorda, però, che non esiste l’olio magico che risolve ogni problema di salute o che ti permette di friggere senza conseguenze. Tutti gli oli, se usati eccessivamente, possono avere effetti negativi sul nostro organismo. Dunque, il vecchio consiglio della moderazione resta il pilastro di ogni dieta equilibrata.
Un suggerimento finale: leggi sempre l’etichetta e dai un’occhiata alle informazioni nutrizionali. Più sai cosa stai acquistando, più puoi sfruttare i pregi di ogni prodotto. E, se possibile, varia l’olio che usi in cucina, così da non dipendere da un’unica fonte di grassi.